Moggi non è l’unico male del nostro pallone
Non posso che tirare un sospiro di sollievo: niente consulenza occulta a favore del Bologna per Luciano Moggi, che resta fuori dal mondo del calcio dopo la squalifica comminatagli dalla giustizia sportiva. Non conosco Moggi, e il mio sollievo non esprime un giudizio sulla persona o sulle vicende per le quali è tuttora in corso a Napoli un processo della giustizia ordinaria. Anzi, ho grande rispetto per il dramma umano vissuto da Moggi quando, di colpo, è stato travolto da una bufera che gli ha distrutto la vita, non solo professionale, proponendolo in ogni dove come un mostro da sbattere in prima pagina, e ben prima che la giustizia si esprimesse. Indubbiamente l’ex Dg avrà serie responsabilità per il modo in cui ha gestito il suo potere, ed è giusto che ne paghi il prezzo, ma è anche vero che alla fine gli hanno addossato colpe che quanto meno erano condivise da un sistema molto più grande di lui. Ora è da ingenui pensare che, allontanato lui, i problemi del calcio siano terminati. Sono venute fuori in questi giorni le cifre strabilianti di come si è mosso il sistema negli ultimi dieci anni: 5,9 i miliardi incassati di soli diritti TV, e 2 miliardi i debiti accumulati. Qualcosa non funziona, e Moggi non può essere la foglia di fico dietro la quale nascondere ogni magagna. Punire le sue colpe accertate è ineccepibile, vigilare che la pena sia certa lo è altrettanto, anche per non mandare un segnale negativo alle tante migliaia di dirigenti e allenatori che, da volontari, mandano avanti le società sportive di base che operano in ogni angolo d’Italia. Loro non cercano di costruire campioni, cercano di educare i ragazzi alla vita, e per "tirare avanti" tra mille difficoltà hanno bisogno di trovare nel mondo dei professionisti esempi da imitare, un’etica da condividere e proporre. Ha ragione il presidente del Coni, Petrucci, quando afferma che: «Esistono principi etici che vanno al di là di norme, regole e sentenze, dai quali lo sport non può assolutamente sottrarsi se vuole mantenere il proprio ruolo e la propria funzione nel contesto sociale del Paese e nel panorama internazionale». Le regole morali contano anche di più di quelle scritte. Se l’escamotage del rientro di Moggi ci fosse stato, sarebbe stato come arrendersi, ammettendo che nel mondo dello sport, e quindi anche nella vita, le leggi non sono uguali per tutti e le sentenze si possono aggirare, perché essere furbi è meglio che essere corretti.